domenica 11 febbraio 2018

Rabindra Nath Tagore - L'UFFICIO POSTALE - R.Carabba Editore, Lanciano 1917-



Rabindranath Tagore (1861-1941), premio Nobel per la Letteratura nel 1913, è uno di quegli autori a cui un editore non può rinunciare, per il prestigio universale di cui gode il grande poeta mistico, e per il lustro che se ne ottiene diffondendone il verbo illuminato.

Autore quanto mai prolifico, si contano a centinaia i libri al suo attivo, romanzi, novelle, drammi, saggi, poesie, opere teatrali, alcune musicate da lui stesso, opere filosofiche, mistiche, conferenze, autobiografie ...ma alla fine, un po' per superficialità e un po' perché loro sono sempre tanti a scrivere e io solo a leggere, ciò che si conosce maggiormente sono le massime, gli aforismi, le cosiddette perle di saggezza.

Quando ho letto nella sua biografia che questo illuminato autore, è stato il beneficiario di un patrimonio immenso accumulato dal nonno Dwarkanath, che prendeva il the con la Regina Vittoria e in combutta con la famigerata Compagnie delle Indie, noi che fin dall'infazia siamo stati dalla parte di Sandokan e Yanez, contro la Compagnia delle Indie, abbiamo provato una sorta di diffidenza per Tagore.  Fin dal nome, infatti, si desume l'estrazione sociale del poeta: Thakur  (anglicizzato in Tagore), è titolo che indicava generalmente i grandi latifondisti medievali d'origine moghul, significa Signore, Principe o semplicemente padrone.


Non migliora la stima per l'illustre  padrone bengalese sapere che a 22 anni ha sposato una bambina di soli 10 (dieci) anni, con conseguenza che stima, considerazione, soggezione, rispetto nei confronti di questo sant'uomo è venuta meno, e così l'interesse per sua opera.



Comunque, L'Ufficio Postale (Dak Ghar, 1912) è sicuramente l'opera teatrale di Tagore più conosciuta da noi, anche perché legata a eventi drammatici in Europa: nel 1940, alla vigilia dell'occupazione nazista di Parigi, venne letta alla radio nella versione francese di Adré Gide, mentre il 18 luglio1942  Janusz Korczak, medico pediatra, pedagogo, scrittore polacco ebreo, nella Casa degli Orfani all'interno del ghetto di Varsavia mise in scena questo dramma dove un bambino muore senza poter uscire dalla sua casa a causa di una terapia sbagliata del medico. Alla domanda: «Perché hai fatto recitare ai bambini un testo così triste?» Korczak rispose: «Perché i bambini imparino a morire serenamente». Di lì a poco furono tutti deportati e lo stesso  Korczak trovò la morte a Treblinka.


Amal, il giovane protagonista della pièce, ha una commovente e ottimistica visione della vita, ma c'è anche la visione salvifica della figura del Re che tutto può e benevolmente concede ai sudditi fedeli. Noi sempre dalla parte di Sandokan e Yanez!

Nel link un filmato dei funerali di Tagore a Calcutta nel 1941, dove ci furono manifestazioni di macabro feticismo.

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