giovedì 18 agosto 2016

Goethe - VIAGGIO IN ITALIA - Oscar Mondadori 2010 - € 16,00

Di tutt'altro genere rispetto a quello di Montesquieu, il Viaggio in Italia - lungamente atteso e preparato - di Johann Wolfang von Goethe (1749-1832), se non altro per la diversa sensibilità  culturale che distingue i due grandi europei: essenzialmente politica e giuridica quella del primo, poetica, artistica e filosofica quella di Goethe. Ma non solo. Gli interessi  di Goethe, che lo fanno definire uomo universale, lo portano ad interessarsi e a fornirsi di un'erudizione in discipline che spaziano dalle arti alle scienze, come botanica (sua La metamorfosi delle piante,1790 oppure i Principi di filosofia zoologica e anatomia comparata, 1793) o di mineralogia. 

Goethe non era un viaggiatore per vocazione, non sentì mai la necessità di visitare le grandi capitali europee, Londra o Parigi; l'unico paese che lo indusse ad un lungo e impegnativo soggiorno fu l'Italia, dove non solo visitò i più importanti luoghi d'arte, ma studiò con dedizione disegno, prospettiva, l'uso del colore e l'arte di modellare. Dei progressi che faceva in tali attività, scriveva, non senza una punta d'orgoglio, ai suoi corrispondenti a Weimar, salvo poi confessare l'inanità dei suoi tentativi.

Per chi fosse interessato, in via del Corso 18 a Roma, sede della Casa di Goethe, dove visse dal 1786 al 1788 ospite dell'amico pittore Tischbein, è allestita una mostra permanente degli scritti e dei disegni di Goethe effettuati durante il suo soggiorno a Roma. 
Ritratto di Goethe nella campagna romana,  dipinto da Tischbein (1,64x2,06)


Quando, dopo aver visitato quasi di sfuggita l'Italia del Nord, saltando incredibilmente Firenze, giunge finalmente a Roma, capisce che questa era la meta lungamente sognata, e scrive:

Non osavo quasi confessare a me stesso la mia meta, ancora per via ero oppresso dal timore, e solo quando passai sotto Porta del Popolo seppi per certo che Roma era mia.
...mi decisi a intraprendere un così lungo e solitario cammino, alla ricerca di quel punto centrale verso cui mi attirava un'esigenza irresistibile. In verità, negli anni più recenti era diventata una specie di malattia, dalla quale solo la vista e la presenza immediata potevano guarirmi.
Ho pressoché sorvolato le montagne tirolesi; ho visitato bene Verona, Vicenza, Padova e Venezia, di sfuggita Ferrara, Cento e Bologna, e Firenze, si può dire, non l'ho veduta. L'ansia di giungere a Roma era così grande, aumentava tanto di momento in momento, che non avevo tregua, e sostai a Firenze solo tre ore. Eccomi qui adesso tranquillo e, a quanto pare, placato per tutta la vita.

Nel giorno dei Morti assiste ad una funzione pubblica, nella cappella privata del papa al Quirinale, e il suo spirito caustico non manca di manifestarsi:

La funzione era già cominciata, e il papa si trovava in chiesa con i cardinali. Bellissima e dignitosa la virile figura del Santo Padre (Pio VI Braschi), vari i cardinali d'età e d'aspetto. Mi prese lo strano desiderio che il capo supremo della Chiesa aprisse l'aurea sua bocca e, parlando estatico dell'indicibile letizia delle anime beate, comunicasse anche a noi la propria estasi. Ma poiché lo vidi semplicemente andare sù e giù davanti all'altare, voltandosi un po' di quà e un po' di là, gesticolando e borbottando come un prete qualunque, si risvegliò in me il peccato originale del protestante, e il noto e consueto rito della messa non mi piacque più per nulla. Gesù Cristo aveva fin dall'infanzia interpretato a viva voce La Scrittura, e anche nell'adolescenza certamente non aveva insegnato e operato in silenzio; anzi, parlava volentieri, bene e con sagacia, come sappiamo dai Vangeli. Che direbbe, pensavo, se entrasse qui e scorgesse la sua immagine sulla terra andar su e giù biascicando e ballonzolando? Mi venne in mente il Venio iterum crucifigi, tirai per la manica il mio compagno e ce ne andammo a cercar respiro nei saloni dalle volte affrescate.

Che dire della meraviglia manifestata di fronte ai monumenti, fino ad allora visti solo attraverso le incisioni del Piranesi, che suo padre Johann Caspar aveva riportato dal proprio viaggio in Italia nel 1740, e che influenzò fortemente il giovane Wolfang.

Manifesterà in seguito poca stima per Piranesi, scrivendo con una punta di ironia:

Per quella volta ci limitammo a salutare con gli occhi la sagoma della piramide Cestia; e le rovine delle Terme Antoniane o di Caracalla, di cui Piranesi ci ha favoleggiato con tanta abbondanza di effetti, non diedero in quel momento che ben poca soddisfazione al nostro occhio, educato al gusto pittorico.
Mai come in questo caso, mi rendo conto, di quanto risulti arbitraria la scelta delle cose da evidenziare; in un'opera che consta oltre 700 pagine, comprese le indispensabili note, ogni scelta è fatalmente opinabile; ricorderò solo il capitolo che Goethe dedica al carnevale romano a cui ha assistito per due anni di seguito, facendone una cronaca dettagliata, così vivida nello sguardo d'insieme e nei particolari da risultare una pagina di grande giornalismo per l'epoca, e una pagina di storia affascinante per noi posteri.

Devo alla gentilezza dell'amica Tiziana, ispiratrice di tante scoperte letterarie, l'avermi fornito di entrambi i volumi inerenti i viaggi in Italia di Goethe e di Montecquieu, che qui ringrazio riconoscente e saluto con rinnovata stima..

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