giovedì 31 luglio 2014

Anna Maria Ortese - IL TRENO RUSSO - Viviani Editore 1994 - Edizione speciale per i viaggiatore FS



Nel 1994 le Ferrovie dello Stato stipularono un accordo con Viviani Editore per la pubblicazione di una serie di titoli, già in catalogo dell'editore, da distribuire gratuitamente a cura delle Ferrovie dello Stato sui vagoni ristorante; la scelta per il primo numero cadde fatalmente, per il titolo,  su Il treno russo  di Anna Maria Ortese.

Il programma prevedeva scritti brevi di vari autori, di tutte le epoche e paesi. I titoli che sono riuscito a trovare, della trentina pubblicati, sono questi: Cicerone, De senectute; Dickens, Canto di Natale; le Novelle picaresche di Cervantes, Il barone di Munchhausen di Raspe, Il Monaco Nero di Cechov, La spiaggia di Pavese, Il giro di vite di James, Dialoghi da Operette Morali di Leopardi, l'introvabile Possibile che sia già primavera di Palazzeschi, e vari volumetti di poesia. 

Il treno russo, edito da Viviani, si avvale di una prefazione di Dario Bellezza che definisce mitica la sua autrice, ricordandola come 
Maestra del racconto realistico e fantastico (questi due filoni spesso si mescolano insieme e si coagulano nel suo capolavoro narrativo, L'iguana del 1965), la Ortese se fosse vissuta all'estero, avrebbe avuto una carriera trionfante come Dorothy Parker, tanto per fare un nome....

Il racconto è il resoconto lirico del viaggio effettuato dalla Ortese nel 1954, quale componente di una delegazione dell'Unione Donne Italiane, organizzazione femminile del PCI, invitata  a visitare l'Unione Sovietica. L'avversione della Ortese per il volo aereo, la costrinse ad un solitario, lungo viaggio in treno, da Milano  a Mosca via Praga, senza la compagnia  degli altri componenti la delegazione che viaggiarono in aereo.

Per avere un idea di cos'era il mondo nel 1954, basti pensare che è l'anno in cui a Dien Bien Phu i francesi si arrendono al generale Giap, Nasser prende il potere in Egitto, in Italia scoppia il caso Montesi,  Trieste torna ad essere italiana, e la guerra fredda divideva il mondo: da una parte noi, l'Occidente e dall'altra i comunisti, cioè i cattivi.


Questo viaggio solitario, senza conoscere il russo, le consentirà tuttavia di intrecciare rapporti di grande simpatia con gli occasionali compagni di viaggio: studenti curiosi del nostro paese, ufficiali dell'Armata Rossa che rientrano da  Berlino occupata, una cantante che rientra da Vienna e una varia umanità che, guardata da lontano, sembra inerte, fredda, assorta, ma :
Erano come il mare guardato da lontano: una linea morta, plumbea. Mi accostavo: ecco il fragore, un movimento, una gioia: Ecco le onde. Il profondo mare dell'animo russo da lontano nemico. Da vicino, è fresco, colmo di suoni.

 Il racconto, triste e felice insieme, ma anche toccante per la delusione che emerge per quel Paese che doveva rappresentare la Liberazione dell'Uomo, agli occhi della scrittrice iscritta al PCI,  e che per i toni dimessi con la quale racconterà la società sovietica negli articoli pubblicati dall'Europeo, dai quali è tratto il racconto, dovette subire un impietoso, durissimo pubblico attacco, una vera aggressione verbale, da parte di Rossana Rossanda.
Sembra il destino di Anna Maria Ortese, quello di scatenare violente polemiche all'interno dell'ambiente in cui vive; dopo le polemiche per Il mare non bagna Napoli, stroncato a suo tempo da Rinascita, ecco di nuovo scatenarsi le condanne per la scrittrice che non riesce ad uniformarsi al  comune sentire della sinistra, e destinata alla solitudine dei poeti e dei visionari.

Quando entrammo nel ristorante, in quel momento preciso, dal cielo coperto venne fuori un gran raggio e illuminò tutti i tavoli. Vidi laggiù, al solito posto, i due ufficiali, già seduti. Sembravano di metallo dorato. Alle loro spalle, due giovani in abiti civili e piuttosto eleganti, molto alti. A destra, a sinistra, avanti, indietro, a quei quindici o venti tavolini, sedevano altri soldati e ufficiali sovietici, dall'aspetto curato eppure modesto, insieme a donne e ragazze con qualche pretesa di eleganza - come un cappellino ornato di un nastro di velluto rosso - e, vestiti completamente di nero, due cinesi.
Su ogni tavolo c'erano insalata di cetrioli, champagne, caviale, pane scuro e pane bianco. A qualche tavolo, la cameriera serviva del cioccolato caldo.
Come ieri sera, Pietro sedeva di fronte a me, mi parve per un momento, mentre il sole uscendo dalle nuvole grigie, lo avvolgeva, più pacato. Qualcosa come un sorriso vagava nelle sue pupille azzurro cupo. Volgendosi a Liza mormorò alcune parole in russo, poi come aspettando, guardò me.

« Pietro dice », tradusse Liza, « che il sole è dolce in Russia, se il cuore è in pace »
« Oh si! » dissi commossa.
Liza ripeté a Pietro la mia esclamazione.
L'ufficiale si volse ancora a Liza. Parlava con la dolcezza di una donna.
« Pietro spera », disse Liza, « che questo sole vi accompagni fino a Mosca e poi durante tutto il tempo che rimarrete in Russia e, tornando a casa, lo ritroviate sulla soglia della vostra casa».
Queste parole produssero in me un'impressione violenta. Non potei rispondere nulla e abbassai lo sguardo sul tavolo.
Poco dopo, ecco ancora, davanti a me, una mano spingere un bicchiere di champagne.
 
Questo racconto è un piccolo gioiello, che aiuta a comprendere oltre che la poetica,  anche la personalità di questa grande scrittrice.

Ho trovato libro, completo del suo segnalibro, in vendita su e-bay, non è una novità che la gente  vende di tutto, anche le cose ricevute in regalo!

domenica 13 luglio 2014

Anna Maria Ortese - IL CARDILLO ADDOLORATO - Adelphi 1993 - £ 35.000


Il cardillo addolorato è un romanzo unico nel panorama letterario italiano, (ma questo si può dire di tutte le sue opere), che Anna Maria Ortese (1914-1998) scrisse nel 1993, quando aveva quasi ottantanni!, con una freschezza di linguaggio, un'eleganza e un'ironia, che rende la lettura un piacere continuo; spesso ammiccante con il lettore, la Ortese intesse con lui un dialogo continuo, come a sollecitarne la complicità, nella valutazione dei comportamenti umani.

La storia si svolge a Napoli, alla fine del Settecento, o Secolo dei Lumi, dove tre giovani Signori di Liegi: il commerciante Nodier, lo scultore Dupré e il principe-poeta Neville, si recano per acquistare guanti dal più grande e famoso produttore di guanti europeo, don Mariano Civile, ma anche attratti dalla fama di sfrenatezza e lusso di cui godeva Napoli, rielevata a capitale di un regno, e anche dal suo cupo e sanguinoso passato, come da quelle storie non chiare, remote e dolci, di Sibille, di Sirene, di creature femminili in rapporto con gli Inferi...

Come abbiamo imparato a conoscere dalle opere precedenti, la Ortese eccelle nei ritratti dei suoi personaggi, così dell'artista Albert Dupré descrive l'aspetto:

Egli era bello, è la cosa, al nostro orecchio, come siamo avvezzi a pensare la bellezza, può non voler dir nulla. Ma una qualità rara e indefinibile della sua mente, l'ardore, l'ampliava rendendo quel giovane volto simile a un sole talvolta, a una notte lunare talaltra; mentre quasi eternamente emanava da lui la luce e la dolcezza stordente di una marina ionica nel mese di maggio. Era anche come un bosco in aprile, quando si sciolgono le nevi e i rami delle betulle dondolano simili a sottili braccia d'oro, braccia di bambine. A bella posta abbiamo usato queste espressioni retoriche; senza la retorica, nulla di serio e di vero può essere detto, mancando quel falso ch'è misura o supporto del vero. Almeno questa è la nostra convinzione.
Questa la descrizione dell'incontro delle figlie del guantaio con i nobili signori di Liegi:

Tuttavia, di lì a poco, in un silenzio che era seguito a quella musica lontana, e che pareva sprofondare la casa in una calma di sogno, esse entrarono. E l'attenzione dei visitatori fu tutta per loro.
Nel dire «attenzione» tentiamo di designare qualcosa di meno e di più di una improvvisa ripresa d'interesse, perché in quella repentina, fulminea «attenzione», soprattutto di Dupré e Neville, e soprattutto per Elmina, vi era invece qualcosa di cui i signori non si rendevano conto, simile a uno stordimento dell'anima: ma ecco, essi trattenevano il respiro.
La bellezza di Elmina era grande, e quella di Teresa, benché ancora bimba, non meno; avevano, malgrado la differenza di età, quasi la medesima statura, e non potremmo dire se fosse stata Elmina a limitare, per cortesia, la propria crescita, o Teresa, per ansia di vita, ad affrettarla. Forme piene, per quanto delicate, braccia stupende, nivee dal gomito a cuore alle sottili dita rosee; gli abiti ugualmente rosa, con pettorine di seta rosa adorne di trine color avorio; colli di merletto, avorio o verdino, ricevevano quei due bei volti di fiore, dalle fini sopraciglie d'oro e le pupille anche d'oro (ma in Elmina, a momenti, verdi), come coppe ancora umide di rugiada accolgono a volte una rosa. I capelli biondi erano in ciascuna delle sorelle corti e fittamente ricciuti, ma fermati sulla nuca, per Elmina, da un nodo di raso marrone e un pettine d'ambra; in Teresa, da nastrini. Le fronti appena sudate (la sera era calda), e ingenuo il sorriso in Teresa; in Elmina, grave e riservato. Forse perché maggiore di anni, in Elmina, che portava sul petto una croce d'oro sormontata da una barretta nera, vi era qualcosa di più. Una freddezza, non altro parve a Neville, che si poteva vincere; una distanza, un abisso, parve a Dupré, che non si sarebbe mai potuto superare.
Appurato che lo scrivere è attività faticosa, stancante, anche per chi, come Anna Maria Ortese, possiede una istintiva passione per l'arte dello scrivere,  non si può non rilevare nelle pagine di questo fantastico romanzo, una gioia naturale nella costruzione delle frasi, una felicità manifesta nelle descrizioni, un godimento estetico pieno nelle similitudini. 

Il principe Neville, al termine di una spavalda cavalcata, eccolo entrare nella famosa città di Carlo III, ornata di una delle più belle Regge del mondo, per incontrare un amico:

Il maggio splendeva quel giorno a Caserta in tutto il suo fulgore. Il principe non ricordava di aver visto in Europa, negli ultimi dieci anni della sua gaia vita, un cielo come quello: immensa cupola di un azzurro purissimo e lucente in ogni punto della sua volta, così da richiamare - immagine abusata, ma al momento non troviamo altro - la superficie di un bicchiere appena lavato, appoggiato su una fresca foglia. Sembrava che l'intero mondo tutto colmo di primavera si riflettesse, capovolto, in quel cielo, come usa nei miraggi desertici. Dovunque, insomma, gli pareva che fossero palazzi, fontane e giardini: se guardava in basso, se guardava in alto. Faceva molto caldo.
La vista del Palazzo Reale della città, al quale si era subito avvicinato, portò al culmine la sua emozione di trovarsi in un mondo come quello in cui siamo immersi anche noi, così meraviglioso. L'ammirazione lo sollevava, per così dire, dal suolo.
Si trovò presto a passeggiare, aveva tempo per la sua visita, davanti ai Giardini di quella famosa Reggia: mirabile complesso, da poco compiuto, sorto dalla immaginazione e la colta libertà del sublime Vanvitelli; opera, gli parve,  quasi prodigiosa, serena, la cui vista lo commosse con l'immagine di ciò che poteva essere la vita e la ragione umana, se veramente coltivate, educate. Così non era. Più ancora lo entusiasmò lo scenario dei Giardini e lo esaltò quello delle fontane, e ammirò incondizionatamente l'artista inglese che aveva ideato quel mirabile complesso. Addirittura, quella meraviglia di acque che sembravano - a incantarsi un poco - tante fanciulle convenute a una festa, gli fece sentire un non so che di mistero della vita, mistero che era (gli parve) proprio nella freschezza, fluidità, scorrere e precipitare, sparire e risorgere continuo delle sue infinite forme. In quegli istanti, veramente rapito, aveva dimenticato le sue pratiche, o almeno propensioni e passioni magiche, la curiosità o volontà di malsano dominio delle vite e gli eventi, che lo possedeva. S'inchinò a Dio! Purtroppo, fu un attimo solo! Nel secondo, era tornato di nuovo il sottile, allegro e poco benevolo indagatore e giocatore dei segreti e destini altrui.

Trovo questa prosa di una bellezza assoluta, e penso che, se leggerla è fonte di inesauribile piacere, non lo sarà stato di meno scriverla, e allora non credo di andare lontano dal vero se ipotizzo che la Ortese, che ha avuto una vita tribolata, sia stata pienamente felice solo scrivendo.

Della trama non parlo, per conoscerla è necessario leggerlo il romanzo.



domenica 6 luglio 2014

I.B.Singer - QUANDO SHLEMIEL ANDO' A VARSAVIA - Garzanti 1989 - £ 13.000



Isaac Bashevis Singer (1902-1991) è stato uno scrittore polacco, nel 1943 naturalizzato statunitense, premio Nobel nel 1978. Autore prolifico, ha pubblicato 18 romanzi, 14 libri per bambini, e un numero imprecisato di racconti, tutti in lingua yiddish, da lui e da altri poi tradotti in inglese.


La lettura di questo simpatico volumetto, arricchito dalle bellissime illustrazioni di Emanuele Luzzati (1921-2007), è un divertimento continuo, che rafforza la convinzione di quanto sia frequente il sense of humor tra gli scrittori di cultura ebraica. 



Questa la prefazione di Singel:

Alcune di queste storie me le raccontò mia madre: sono storie folcloristiche che lei ascoltò da sua madre e da sua nonna. Le ho rinarrate a modo mio, ricreandone di sana pianta l'intreccio, particolari e prospettiva. Altre novelle della presente raccolta sono semplice frutto della mia immaginazione....(....) E sono tutte il risultato d'un sistema di vita ricco di fantasia e d'artificio.
Nei miei scritti non esiste una differenza sostanziale tra le storie per adulti e quelle per il mndo dei piccoli. Sono indistintamente improntate allo stesso spirito, allo stesso interesse per il soprannaturale. Ho mantenuto inoltre i nomi di villaggi e città. Ai giorni nostri, quando la letteratura e prossima a smarrire il proprio indirizzo e il raccontar novelle sta diventando un'arte dimenticata, i ragazzi sono i lettori ideali.
Dedico questo libro alla memoria di mio padre e mia madre, grandi e entusiasti novellieri entrambi, persone di profonda fede e amore dell'uomo, specialmente di tutti gli Shleimiel, vecchi o giovani che siano.








Isaac