venerdì 28 marzo 2014

Vasco Pratolini - METELLO - Mondadori 1960 - £ 1.500




Nell'Olimpo dei narratori italiani ci sono, secondo me, grandi e grandissimi scrittori, un elenco lunghissimo di intellettuali che scrivono libri: saggi, biografie, racconti brevi o lunghi, novelle, storie, ma non romanzi nel senso classico, intendo come i classici francesi o russi. In questo senso Vasco Pratolini (1913-1991) rappresenta un'eccezione, essendo, secondo il mio personalissimo punto di vista, dopo Manzoni e Bacchelli, l'unico romanziere italiano.

Metello scritto nel 1955 è il primo volume della trilogia Una storia italiana, che comprende Lo scialo del 1960 e Allegoria e derisione del 1966.

La storia individuale di Metello Salani, la sua crescita sentimentale, sociale e politica si intreccia con la storia delle lotte operaie nella Firenze tra la fine del XIX secolo e l'inizio del XX.  Orfano, affidato bambino a una famiglia di braccianti, adolescente in fuga, torna a Firenze dov'è nato e per necessità si improvvisa manovale, cresce professionalmente diventando muratore, conosce  l'amore e la lotta di classe.

Unitario affresco di vita italiana, è stato considerato dalla critica del tempo il prototipo del nuovo realismo narrativo, ma alcuni sono arrivati a definirlo, con quella mancanza di fantasia che spesso cela l'intento demolitore, un classico esempio di realismo socialista, riferendosi chiaramente all'esperienza sovietica, e questo solo perché il romanzo affronta il tema della lotta di classe visto dalla parte degli operai.

A dispetto dei molti detrattori il romanzo ebbe un grandissimo successo, fu tradotto in tutto il mondo e nel 1970 il fiorentino Mauro Bolognini (1922-2001) lo portò con altrettanto successo sullo schermo:

                                   https://www.youtube.com/watch?v=solYGkXXOZY

Questo l'incipit:

Metello Salani era nato a San Nicolò, ma fino ai quindici anni, non vi aveva mai abitato. La sua famiglia era di quel Rione, e ciascuno ha le discendenze che si ritrova. Suo padre, renajolo, era stato anarchico e tutti, tra piazza de' Mozzi e la Colonna, l'avevano conosciuto, per la sua bassa statura e per il suo pugno proibito. Lo chiamavano Caco, e non perché quella gente sapesse di mitologia, ma per via del gruppo del Bandinelli ch'è sotto Palazzo Vecchio, e per dire ch'era uno che soltanto un Ercole l'avrebbe potuto castigare. Dapprima, si raccontava, egli se n'era offeso, poi aveva saputo che Caco era una specie di ladrone e questo gli aveva fatto piacere siccome i ladri, lui che era onesto, li stimava. Era stato amico non di Pietro ma di Giovanni Gori, e sputava se gli rammentavano Bakunin. Quando Bakunin abitava alle spalle di Santa Maria del Fiore, giusto durante il primo anno di Firenze capitale, Caco e il suo amico Leopoldo, un altro anarchico dal pugno proibito, un ginnasta di circo finito caffettiere in piazza Piattellina, erano andati a trovarlo nella casa di via de' Pucci dove, si diceva, la tavola era sempre apparecchiata, per gli amici e per gli sconosciuti, bastava avessero fame. Non che Poldo e Caco fossero affamati, erano le due dopo mezzanotte e magari avevano sete, volevano conoscere Bakunin per dirgli che la smettesse di "mazzineggiare e di fare all'amore con Beppe Dolfi, rivoluzionario dai piedi dolci e fornajo infido" - e gli era stato chiuso l'uscio in faccia ad entrambi, "da una cameriera in divisa".

Ad alcuni detrattori aveva dato  fastidio persino l'eccessiva libertà sessuale del personaggio, criticandone la leggerezza dimostrata quando, impegnato in un duro confronto sindacale con i costruttori fiorentini, confondeva con troppa disinvoltura Camera del Lavoro e camera da letto.

E' un grande romanzo che, oggi, dovrebbero leggere soprattutto i giovani, per capire da quanto lontano arrivi quell'anelito ad una maggiore giustizia sociale che solo con le lotte sindacali degli anni '70 si riuscì a conquistare e che una politica dissennata, quasi una rivincita del capitalismo, sta smantellando pezzo dopo pezzo.

venerdì 14 marzo 2014

Lajos Zilahy - QUALCOSA GALLEGGIA SULL'ACQUA - Edizioni Corbaccio Milano 1933 £ 10




SCRITTORI DI TUTTO IL MONDO, è la prima collana di libri internazionali contemporanei edita in Italia, creata dalla lungimiranza di uomo che, nel gretto provincialismo del fascismo autarchico, comprese decenni prima di tutti gli altri la forza e la novità rappresentate dal mondo letterario americano e inglese:   Gian Dàuli - pseudonimo di Giuseppe Nalato (1884-1945), scrittore, traduttore ed editore. 

Come direttore editoriale della casa editrice Modernissima, Gian Dàuli fece conoscere agli italiani autori come Conrad, Chesterton, James, Stevenson, London, Wilder e in seguito anche autori sudamericani. Dal punto di vista commerciale le sue furono tutte iniziative in perdita che portarono al fallimento della sua e della casa editrice Modernissima che, nel 1932, fu rilevata dalla casa  editrice Corbaccio di  Enrico Dall'Oglio che trasformò la collana Scrittori di tutto il mondo in una delle più prestigiose collane di narrativa dell'epoca; si consideri che solo l'anno sucessivo Arnoldo Mondadori iniziava la pubblicazione della sua Medusa.

Il disertoreQualcosa galleggia sul fiume dell'ungherese Lajios Zilahy (1891-1974) sono due volumi gialli bordati di rosso, che io ricordo da sempre in casa: hanno più di 80 anni, e ne ho sempre sentito parlare, dai miei nonni e da mia madre, come di storie forti, romanzi importanti, al pari di Noi vivi e Addio Kira di Ayn Rand oppure La storia di S.Michele di Axel Munthe, altro cultbook della famiglia.

Il romanzo è scritto con quella meticolosità che caratterizza un periodo nel quale l'immagine non è ancora inflazionata: cinema e fotografia non sono ancora fenomeni pervasivi nella società, di conseguenza le descrizioni dei paesaggi, delle scene non solo sono precise e puntuali, ma necessarie.

Valutate la perfetta traiettoria narrativa nella descrizione del fiume nell'incipit, abbiamo un inizio pacato, poi man mano più drammatico, impetuoso, per poi tornare composto e sereno:

La sera d'autunno era calata con precoce oscurità sul fiume gigantesco. Dal campanile dei frati Minori giungevano col vento i rintocchi delle campane vespertine, e smorzandosi man mano si allontanavano col vento.
Era l'anno del signore....  sul finire di novembre. 
Il vento si faceva sempre più impetuoso. Sembrava quasi che si trascinasse dietro le tenebre della città.
Sull'altra riva del fiume, dove un antico querceto spiccava ancora nero sul pallido oro del crepuscolo, delle mani invisibili lavoravano ad abbattere un'enorme quercia. Il suono dei colpi di scure si ripercuotevano sulla superficie del fiume, che pareva volesse scuoterselo di dosso lanciandolo contro le sue sponde frastagliate, la cui eco ne ripeteva il sordo ritmo.
Ad un tratto s'udi uno schianto seguito da un urlante sospiro: era l'immane quercia che stramazzava al suolo. Dopo il crollo, a lungo durò ancora il gemito doloroso del legno squarciato, e lo schioppettio dei rami lacerati si confuse alle rozze voci dei tagliaboschi.
Di fronte al querceto l'altra riva del fiume era tutta rupi e crepacci, come se la furiosa corrente l'avesse lacerata in un impeto di cieca violenza. Dai suoi fianchi dilaniati pendevano grosse radici di salici annosi, simili a braccia aggrovigliate, a intestini sporgenti da un ventre squarciato. Più distante biancheggiava lo scheletro d'un pioppo spezzato in due.
La sponda che si tuffava così nell'acqua, sembrava un gigantesco, mostruoso daino dalla fronte di rocce e le corna di salici, che stesse immerso nel fiume fino ai ginocchi per rinfrescarsi le orrende ferite. Perché l'ultima piena l'aveva ridotta in uno stato miserevole: l'impeto delle onde era penetrato nella sua carne viva, come le unghie crudeli d'un leone infuriato.
I sambuchi, gli spinaci selvatici, l'assenzio, la spina cervina, le lappole e le altre sterpaglie, con le foglie che l'autunno aveva tinte di rosso, sembravano grandi macchie di sangue disseccato.
Anche di giorno si poteva solo a stento vedere oltre il largo fiume. Ora di sera, sull'altra riva la sagoma del grande bosco era lentamente dileguata nell'oscurità. Soltanto il fiume portava ancora sulle sue onde increspate un pallido riflesso di rame, mentre, ormai placato scivolava tranquillo nel suo letto.
La vicenda che il romanzo narra, si svolge vicino il grande fiume Danubio, dove, poco distante dalle sue rive, è la casa del pescatore Jànos, che lì vive con la moglie Zsuzsanna e il padre di questa Milhàly. Un giorno di aprile...

Jànos era nel cortile, coi calzoni ripiegati sino ai ginocchi, la camicia blu sbottonata sul petto villoso, le maniche rimboccate sino oltre i gomiti. Stava riparando una barca, distesa con la ghiglia in su nel mezzo del cortile, una barca ch'era stata malmenata dalla piena della primavera. Il suolo era cosparso di freschi trucioli odorosi ed il vecchio corpo annerito della barca ostentava, là dove le coste erano state cambiate, le macchie biancogialle delle nuove asticelle.
Jànos rimestava il catrame, per tingere la barca. L'acuto odore del catrame corrompeva la pura e leggera aria primaverile.
La servetta era affaccendata ad imbiancare il muro della casa. La calcina gocciolava sulle foglie verdescuro dei cespugli di ricino frondeggianti ai piedi del muro ed anche il suolo del cortile, spazzato di fresco, era cosparso di piccole macchie bianche. Il bambino sedeva sulla soglia  e stava provando a trar suoni da un flauto che il padre gli aveva fabbricato collo stelo d'una zucca.
Zsuzsanna era seduta nella veranda con la sua rocca e filava.
Il cane, inebriato dalla primavera, abbaiando allegramente, perseguitava gli aironi, che silenziosi brillavano sulla riva bruna, come macchie di luce danzante riflesse da piccoli specchi.
Dolce e felice splendeva su tutto la primavera.
Ad un tratto il vecchio Mihàly, che in riva al fiume stava scrutando il corso dell'acqua, si voltò serio in volto verso la casa e chiamò: - Jànos! Qualcosa galleggia sull'acqua!

Da quel grido si sviluppa una storia drammatica, che alterna, come nella vita reale, la serenità dell'amore al tormento della passione, passando attraverso tutti quegli stati d'animo e le vicissitudini che da sempre accompagnano la vita degli uomini e delle donne, sia che vivano nelle vorticose città moderne,  che sul trasognato greto del fiume Danubio. Solo la conclusione, e la morale implicita, suona come una forzatura, una soluzione rasserenante, come quella che spesso il cinema americano - quello più commerciale - utilizza  per concludere le sue storie.

Nel 1971 uscì il film Nuda dal fiume, di Jan Kadar, tratto dal romanzo di Zilahy, dove la struttura semplice della storia, viene macchinosamente complicata  con flashback e salti temporali.



sabato 8 marzo 2014

Lucio Lombardo Radice - L'EDUCAZIONE DELLA MENTE - Editori Riuniti (in collaborazione con Il Giornale dei genitori) III Ediz. 1965 - £ 800



Una delle figure più limpide e coerenti di intellettuale e antifascista, che ha formato con la sua attività generazioni di militanti comunisti, è Lucio Lombardo Radice (1915-1982), matematico, pedagogista, dirigente comunista, impegnato politicamente nella scuola e nella lotta per la pace, morto a Bruxelles mentre partecipava al II Congresso per il Disarmo.

Figlio del grande pedagogista Giuseppe Lombardo Radice (1879-1938), si laureò nel 1938 in matematica, iscritto al PCI clandestino subì una condanna a quattro anni come oppositore al regime fascista, partecipò alla resistenza romana, ma solo nel dopoguerra riuscì ad accedere alla Sapienza di Roma come assistente, e nel 1951 con una cattedra di analisi algebrica e infinitesimale.

All'attività scientifica affiancò l'impegno politico, in particolare per i problemi della scuola, fu membro del Tribunale Russel per i diritti dell'uomo e, in questa veste, critico nei confronti dei paesi dell'est per i problemi legati alle libertà individuali. 

Inquadrato l'autore, parliamo del libro. Credo di ricordare che la segnalazione mi venne da Ada Marchesini Gobetti, che dirigeva negli anni '60 Il Giornale dei Genitori. Le avevo scritto lamentando la difficoltà di  impartire una educazione laica al mio primogenito,  benché fosse stato esentato dalla religione, stante i programmi scolastici delle elementari. 

Il libro, scritto con una chiarezza che è patrimonio naturale di chi ha le idee chiare, è stato  letto e riletto nel corso degli anni e di certo è servito ad aprire la mia mente; che sia stato determinante ai fini dell'educazione dei miei tre figli non posso affermarlo con sicurezza, il fatto che siano diventati tre adulti curiosi, tolleranti e democratici mi fa ritenere però che non li abbia, comunque, danneggiati.


Il saggio è articolato in cinque parti, a loro volta divise in capitoli:

 Educazione della mente

  1. La nascita della ragione
  2. Loro vogliono crescere
  3. Uomini con libri e uomini senza libri
  4. La pagina e il "video"
  5. Il giocattolo più bello
  6. I compiti di ogni giorno
  7. L'intelligenza non ha sesso
  8. Leonardo in ogni fanciullo 

Come vediamo il mondo

  1. Non verità assolute  
  2. Ragione e religione
  3. La fede dei padri e la libertà dei figli
  4. I valori comuni
  5. E dopo?
  6. Sesso e carattere

I ragazzi e la politica

  1. I discorsi dei grandi  
  2. Dai regni immaginari alle repubbliche di questa terra
  3. Il primo comandamento
  4. Né indifferenti né fanatici

La prima scienza  

  1. L'occhio di Leonardo
  2. La scienza nella scuola e nella società italiana

La ragione aperta 

 

Questo l'incipit, nel quale vengono focalizzati i fini che il libro si propone :

L'educazione non incomincia con la scuola; ecco una scoperta della psicologia, della pedagogia e della medicina moderne, che è divenuta abbastanza popolare. Che le impressioni, le abitudini, l'ambiente della primissima infanzia possano avere profonde influenze sul carattere e la personalità, ce lo dicono gli studiosi di psicologia e lo riconoscono e lo affermano anche, in modi diversi, molti films, molti articoli di riviste e di quotidiani. Ma anche la capacità di ragionamento, anche la mente, comincia a svilupparsi sin dal secondo anno di vita almeno, se non proprio sin dalla nascita, e perciò anche con i più piccini parenti e maestri debbono porsi il problema di un sano sviluppo razionale, che li avii ad essere da grandi coerenti e non illogici, colti e non succubi dei miti, "scienziati" e non superstiziosi, in grado insomma di distinguere il ragionamento giusto da quello sbagliato, la verità dalla favola.

Una lettura assai piacevole per il tono discorsivo e leggero, niente affatto pedante, che Lucio Lombardo Radice ha usato nel redigere questo trattato, che a distanza di cinquant'anni ancora afferma la sua validità pedagogica.

mercoledì 5 marzo 2014

SIPARIO - La rivista del teatro e del cinema - Editrice "Ulisse" Milano - Giugno 1949 - £ 200

Dolores del Rio in Abbandonata di E.Fernandez

La più importante rivista di spettacolo italiana è senz'altro Sipario. Fondata nel 1946 da Ivo Chiesa (1921-2003) assieme a Gian Maria Guglielmino (1922-19859), ha cambiato negli anni molti direttori ed editori, ma è ancora in edicola e on-line, una visita al suo sito può essere interessante per fare un confronto con questa copia di oltre sessantacinque anni fa:  http://www.sipario.it/

Infatti, la copia che presento è del giugno 1949, per avere un'idea della distanza che ci separa da quella data, basti pensare che solo il 1° agosto di quello stesso anno veniva abolito il razionamento del pane e della pasta in vigore durante la guerra. Veramente un altro mondo.

Ora, benché ci fosse da ricostruire un paese distrutto, trovo meraviglioso che si avesse la voglia, la forza e il coraggio di mandare in edicola una rivista di cultura ad un prezzo elevato, rispetto al costo della vita dell'epoca, affermando così la centralità della cultura nella nuova Italia che si stava ricostruendo.  Lo stesso discorso vale naturalmente anche per il lettore che acquistava la rivista, rinunciando magari a qualcos'altro di "utile".

Come sempre sfogliando una vecchia rivista sorprendono le inserzioni pubblicitarie: si incontrano prodotti  scomparsi ormai da anni, e alcuni anche dalla memoria dei consumatori, altri invece ancora tenacemente sul mercato come questi qui riprodotti negli inserti pubblicitari.


Qui a sinistra un profumo che negli anni 50-60 andava veramente per la maggiore, anzi parlandone mi sembra quasi di sentirne la sua fragranza particolare. Naturalmente si tratta di un prodotto ancora presente sul mercato.
A destra  un grande e storico successo di una ditta nata nel 1876, la Paglieri, ma ancora fortemente presente nel mondo della cosmesi femminile. Il Velluto di Hollywood pubblicizzato era una cipria solida nella sua caratteristica scatola, un oggetto magico presente in tutte le borse delle signore, che ne facevano grande uso, con una gestualità elegante che mi ricorda la figura di mia madre.

 
Qui a fianco la pubblicità di un noto e, in quegli anni, elegante ristorante nel cuore di Roma, a due passi da Trinità di Monti. Oggi allo stesso indirizzo c'è un ristorante che porta ancora quel nome famoso, ma niente a che vedere con l'elegante dopo-teatro di allora, oggi è un locale per turisti, stretto tra due negozietti di chincaglierie, come la stragrande maggioranza dei negozi del centro.














L'inserto del Piccolo Teatro della Città di Milano ci ricorda molto opportunamente tutte le rappresentazioni avvenute nei due anni dalla sua inaugurazione.
Nella pagina Cronache della Scala, Teodoro Celli (1917-1989) noto critico musicale, tracciando un bilancio della ricca stagione lirica della Scala, esprime alcune considerazioni sul pubblico che frequenta il teatro. Scrive Celli:

Avviandosi alla sua conclusione, la stagione lirica della Scala ha offerto al pubblico due spettacoli di quelli che si sogliono definire eccezionali. C'è parecchia gente, fra i frequentatori del nostro teatro, che odia cordialmente gli "spettacoli eccezionali", irritata per essere distratta dalle proprie comode e pigri abitudini. Per costoro l'ideale cartellone lirico è quello costituito tutto di Tosche, di Butterfly, di Rigoletti e di Aide: come massima fatica - da affrontare tuttavia a malincuore - ammettono un'opera di Wagner: una sola e, possibilmente, il Lohegrin. C'è poi un'altra categoria di persone, ben più limitata, la quale per snob o per incoercibile desiderio di avventure, non ammette e non vorrebbe che "spettacoli eccezionali": la loro aspirazione supremaè rappresentata da un cartellone che includa solo esumazioni sei-settecentesche e opere novecentesche, meglio se in "prima esecuzione assoluta".
Il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi, alla "prima" dei Puritani

Ed esiste infine una terza e limitatissima schiera di spettatori, fra i quali mi considero iscritto, che, pur alieni da qualsiasi pigrizia mentale, hanno dell'avventura musicale un concetto meno superficiale e, in ogni caso, non mai legato a necessità snobistiche. (......)












Il teatro di Rivista


Il critico teatrale Sergio Sollima (1921), regista e autore teatrale disegna un quadro organico dello stato dell'arte del teatro di rivista, analizzando pregi e difetti di autori, attori e tutta l'organizzazione nel suo insieme. Conclude con la stessa riflessione che faceva Gramsci negli anni '20, quando si occupava di critica teatrale, anche se con qualche speranza in più:

La maggioranza dei difetti che si notano negli spettacoli di rivista e nei singoli esecutori, vanno attribuiti alla caotica organizzazione di questa attività.
Il progressivo aumento del successo economico di tali iniziative ha spinto ad interessarsene persone e gruppi che vi hanno visto esclusivamente una speculazione finanziaria.
Comunque, tutto sommato, un notevole miglioramento in quest'ultimi anni è evidente. Il terreno è ormai preparato e comincia ad essere possibile il pensare di edificarvi qualcosa di solido e duraturo.

Proprio in quegli anni Wanda Osiris (1905-1994) divenne la regina incontrastata del teatro di rivista e le sue apparizioni al Sistina di Roma, sovrattutto le prime, rappresentavano il massimo avvenimento mondano della capitale. 

Dopo una panoramica delle attività teatrali nelle maggiori capitali europee, molto spazio viene dedicato sugli allestimenti in programma sulle  piazze di Roma e Milano.

BIANCO & NERO

Nelle pagine dedicate al cinema, molto spazio viene riservato alla presentazione di quattro film messicani, in quei giorni in distribuzione in Italia, dove viene esaltata la bellezza trionfante di Maria Felix, e quella altrettanto bella di Dolores del Rio nel film Abbandonata di Emilio Fernandez.












La rubrica Il film del mese viene presentato il film Scarpette rosse di Michael Powell, quindi si parla di Il silenzio è d'oro di René Clair, Idolo infranto di Carol Reed, Passaggio a Nord-Ovest di King Vidor con Spencer Stracy (questo l'ho visto!), e La perla di Emilio Fernandez, dal noto racconto di Steinbeck.

Una pagina titolata Non tutto oro al festival milanese è dedicata alla seconda edizione del festival cinematografico di primavera, organizzato dal Museo del Cinema diretto da Guido Guerrasio, dove tra l'altro è stato presentato Alba fatale di William A. Wellman con Henry Fonda (con foto).

Un'altra pagina dedicata alla Classicità di Charlie Chaplin, con foto di Chaplin e Jackie Coogan da Il Monello: Chaplin ha creato un mito che contiene in sè quasi tutta la sostanza dell'uomo: un mito che ci rispecchia e commuove. E così conclude l'articolo:

 L'uomo che domina nella società raramente è ridicolo: ecco perché Charlot è povero. L'uomo che si sa controllare nasconde i motivi per i quali potrebbe far ridere: ecco perché Charlot è incontrollato, sedmpre in preda alla sensibilità e all'istinto: così, accumulando gaffes su gaffes, rivela il segreto della sua natura, che è un po' quello della natura di tutti, anche di chi cerca di dissimularlo.

Nella pagina Dal giorno alla notte, sempre dedicata alle notizie del mondo del cinema, viene annunciato che, dopo l'enorme successo di In nome della legge di Pietro Germi, la Lux Film ha deciso di produrre il film Terroni, sempre per la regia di Germi. Renato Castellani ha finito le riprese del film E' primavera per la Universalcine, con attori non professionisti.

Ma l'elemento centrale della rivista, il motivo d'interesse maggiore, è rappresentato senz'altro dai testi di drammi e commedie presentati integralmente. In questo numero Ardelia tre atti di Jean Anouilh (1910-1987), e una vera chicca: un monologo di Alberto Savinio (1891-1952) Emma B. vedova Giocasta.

Nell'insieme una rivista completa sul mondo dello spettacolo, moderna, aperta alle novità, di cui fin da allora era facile pronosticare un  meritato lungo successo.