giovedì 8 agosto 2013

Alberto Bevilacqua - UNA CITTA' IN AMORE - Rizzoli 1988






Ho trovato questo romanzo di Bevilacqua nello scaffale dei Libri abbandonati presso la Coop di Genzano; è stato acquistato alla libreria The Book di via B.Buozzi 13 - Genzano - da una certa Vera, che ha scritto la dedica Con affetto a una cognata speciale 21.2.99. Per la cronaca: la cognata speciale non ha mai completato la lettura, lo attesta senza ombra di dubbio la vistosa piega a pagina 41, il resto del libro è rimasto intonso.










Ho preso il volumetto nonostante avessi già il romanzo all'interno del gigantesco volume La mia Parma (800 grammi di buona letteratura, ma scomodo da leggere senza l'ausilio di un leggio adeguato), ma anche perché interessato all'introduzione di Geno Pampaloni, che ne traccia un disegno illuminante.

Kg 0,800
Questa l'introduzione di Geno Pampaloni:
Di recente (28 febbraio '75) Alberto Bevilacqua ha pubblicato sul Corriere della Sera un elzeviro di Ricordi di provincia: commosso come già il Carducci nel suo famoso Traversando la Maremma toscana, dal rapido trascorrere nel finestrino del treno del paesaggio della sua giovinezza, che lo lega a se con "una familiarità mai interrotta, di cui non era immaginabile l'interruzione", egli cerca nella memoria le ragioni profonde (oggettive e nello stesso tempo di natura poetica) del lungo amore per la sua città. Nello sfavillare, alla luce del crepuscolo, dei ponti e dei viali di Parma, gli sembra quasi per miracolo intuire d'improvviso che il segreto di quel rapporto consistesse in una reciproca rivelazione: come se la sua città gli confidasse, in quell'attimo di fuga, il suo antico "potere di scrutarmi e di farsi scrutare in un suo mistero mai penetrato".

E' un articolo tra i migliori che il Bevilacqua abbia mai scritto, e meriterebbe di apparire come prefazione, la vera prefazione, a questa ristampa di Una città in amore; non già per l'amara constatazione che il mondo della giovinezza è lontano ("ho pensato agli occhi di una donna invecchiata che si trova di fronte un amante perduto di vista da molto tempo e misura la parte della sua vita finita dalle reazioni di quel viso anch'esso invecchiato"); ma al contrario per la potenza con cui la realtà del passato impone la sua presenza di vita; per la ricchezza dei motivi che lo scrittore ritrova in quella realtà e che saranno destinati a trasferirsi nei suoi libri come essenziale ragione poetica.

"Per Bevilacqua, Parma è il teatro ideale dove inscenare con la massima evidenza le passioni del nostro secolo, il luogo in cui si riflettono simbolicamente tutti i luoghi della terra in cui l'uomo è ancora uomo, dove ogni accadimento, ogni storia, ogni persona subito si colorano di leggenda e campeggiano in una dimensione epica". Non a caso Parma è la patria del melodramma.



 Il personaggio centrale del romanzo è Guido Picelli, comunista, deputato, fondatore degli Arditi del Popolo, che organizzò e comandò un fronte unico di comunisti, anarchici, repubblicani e popolari che nel 1922 difesero Parma per cinque giorni contro l'attacco di migliaia di fascisti comandati da Italo Balbo. Nella guerra di Spagna nel 1937, comandante del Battaglione Garibaldi della 12a Brigata Internazionale del generale Lukasc, cadde a Mirabueno sul fronte di Guadalajara.



Guido Picelli

Scrive l'Autore, in una breve nota che precede il testo:


La mia è una citta in cui si lavora di fantasia e dove basta poco per far parlare la gente, insinuando l'idea che il mondo d'oggi sia giustamente peccaminoso; l'abilità di costruire il peccato dal nulla è una prerogativa di un popolo ancora troppo sospettoso e orgoglioso per arrendersi all'evidenza delle cose, senza averci prima messo le mani. Ma il gioco della fantasia non è mai tanto in malafede da trasformarsi in arbitrio. Determinati spunti, sfruttati per anni dalle chiacchiere, tardano a tramontare e, alla fine, sono sempre gli stessi: l'arrivo di un prete santamente equivoco, l'amorosa pazzia di un vecchio nelle grazie della sua gente, il melodramma, gli aneddoti di una rivolta (quella del '22, capeggiata da Guido Picelli) ancora attuale e viva, indimenticabili figure femminili, leggendari intrighi, e così via.
 Tutto questo nelle case di cui parla Proust: " Il nome di Parma, una delle città dove più desideravo andare dopo che avevo letto La Chartreuse, m'appariva compatto, liscio, color malva e dolce, se mi parlavano di una qualsiasi casa di Parma dove sarei stato accolto, mi davano il godimento di pensare che avrei abitato una dimora liscia, compatta, color malva e dolce, senz'alcun rapporto con le dimore d'ogni altra città d'Italia, poiché l'immaginavosoltanto in virtù di quewlla pesante sillaba del nome Parma, dove non circola brezza alcuna, edi tutto quel che le avevo fatto assorbire di dolcezza stendhaliana e del riflesso delle violette".
Riporterò il volumetto alla Coop in modo che altri possa leggerlo ed apprezzarlo. Secondo me questo romanzo e gli altri tre che fanno parte del volume La mia Parma: La califfa, Questa specie di amore e La festa parmigiana è quanto di meglio  Bevilacqua abbia scritto. 
Le altre cose sue che ho letto (La donna delle meraviglie, La grande Giò) non sono all'altezza di quelle. Nonostante il perfetto controllo del mezzo narrativo, non c'è coinvolgimento emotivo, almeno con me non ha funzionato.  E' lo stesso appunto che mi sento tranquillamente di rivolgere ad un altro grande della letteratura contemporanea italiana: Alberto Moravia; dopo aver letto i suoi Racconti (anni 1927-28) e Gli indifferenti (1929) tutto quello che è venuto dopo ha solo confermato un grande mestiere.

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