lunedì 22 ottobre 2012

Vittorio Zucconi - GLI SPIRITI NON DIMENTICANO (Il mistero di Cavallo Pazzo e la tragedia dei Sioux) - Mondadori 2004 - € 9,80 - Mondadori



La prima volta che sentii parlare di Vittorio Zucconi fu nel 1966, quando lessi su l'Unità che un giovane studente di Milano veniva processato per un'inchiesta sulla sessualità, pubblicata sullo storico giornale del liceo Parini che egli dirigeva, La zanzara. Il giovane Zucconi, rompendo gli schemi  ipocriti del perbenismo democristiano che voleva tenere fuori dalla scuola temi scottanti come la sessualità,  iniziava una  carriera importante che ancora oggi lo vede tra i maggiori protagonisti del giornalismo italiano. Attualmente lo seguo come direttore di Radio Capital.

Ed è proprio sulla sua radio, che ho riascoltato dopo tanto tempo la struggente canzone di De André Fiume Sand Creek, http://www.youtube.com/watch?v=K3tAfnDVbv8, che mi ha spinto a rileggere questo tremendo libro.

Intendiamoci, per leggere questo libro dedicato a Tashunka Uitko (Cavallo Pazzo), occorre non lasciarsi prendere dalla rabbia per le enormi ingiustizie che vi si raccontano; il libro che ha la cadenza e la struttura potente del poema epico di un popolo, racconta la vita del capo guerriero degli Oglala, una delle sette tribù dei Lakota Sioux, con i suoi riti secolari, la semplicità del vivere in simbiosi con la natura e il suo tragico destino.

Dall'Introduzione:

Nel 1804, quando la spedizione guidata dagli esploratori Lewis e Clark attraversò per la prima volta l'intero continente nordamericano dall'oceano Atlantico al Pacifico, sul territorio che oggi chiamiamo Stati Uniti viveva un milione di indigeni e galoppavano liberi almeno 50 milioni di bisonti.
Alla fine del secolo, quando il West fu vinto dagli emigranti europei, erano rimasti 1000 bisonti e 237.000 indiani. In 90 anni erano morti, in guerra o di malattia, il 75% degli indiani e il 100% dei bisonti, che erano alla base della loro civiltà e della loro esistenza.
Fra le parentesi di questo doppio genocidio umano e animale sta la storia di una guerra, di un popolo e di un uomo: la storia della invasione europea del Nordamerica, dello sterminio dei Sioux delle Grandi Praterie del Nord e del capo guerriero che sacrificò la vita per difendere il diritto della sua gente a vivere come aveva sempre vissuto, sulla propria terra.


Vittorio Zucconi è un grande professionista, profondo conoscitore della realtà americana e dell'anima umana per le importanti esperienze fatte in tanti anni di giornalismo attivo, ma è sopratutto un grande affabulatore che sa raccontare le storie e dei fatti sa cogliere l'elemento centrale, sempre con una grande leggerezza e un fondo di pacata ironia che gli viene dal suo essere emiliano.

Tra le tante cose che ci racconta sulla vita dei Sioux, i rapporti familiari, le gerarchie, le iniziazioni, la caccia al bisonte, apprendiamo come veniva amministrata la giustizia dagli akicita, i magistrati poliziotti dei Lakota:
La loro autorità era assoluta, il loro giudizio finale, e la punizione per chi non avesse rispettato la sentenza poteva essere terribile. Ma dovevano fare attenzione a mantenersi equi e imparziali. Quando un magistrato della akicita sbagliava nell'ordinare un castigo, nell'imporre un pignoramento punitivo di beni, veniva condannato a subire il doppio della pena inflitta, qualunque essa fosse. Una maniera brutale ma efficacissima per scoraggiare abusi ed errori giudiziari e mantenere onesti i giudici.

Sul rapporto tra i Sioux e i bisonti:

Il bisonte era l'alfa e l'omega, l'inizio e la fine, il centro della vita dei Sioux, dei cacciatori delle Grandi Pianure. Con i bisonti, i Sioux vivevano felici e prosperi. Senza il bisonte, sarebbero stati destinati a morire.
Per questo il "bufalo", per seguire il quale probabilmente le tribù asiatiche avevano attraversato lo stretto di Bering ed erano arrivate sul continente americano, era molto più di una preda ambita. Il bisonte era il dono che il Grande Spirito aveva fatto ai suoi figli, era il messaggero, e il ponte, tra la Terra e il Cielo. Non per nulla la madre di tutto il popolo indiano, la mitica donna dal cui grembo benedetto discendono tutti gli indiani secondo la loro tradizione, si chiama "Donna Del Bufalo Bianco".
E, dopo la caccia, che era cruenta non solo per la preda, ma anche per i cacciatori che dovevano affiancare la mandria di bufali in corsa e centrare con le frecce l'unico punto vulnerabile, sopra la spalla sinistra, per raggiungere il cuore:

Nel circolo attorno al fuoco centrale del villaggio, i capi rendevano grazie a Dio e chiedevano perdono a lui, al "fratello bisonte" per averne sparso il sangue, spiegandogli quel massacro era necessario, ma doloroso e che mai avrebbero ucciso più animali di quanti ne fossero serviti al popolo.
 Scendendo nel moderno aereoporto di Denver sono rimasto sorpreso dalle gigantografie raffiguranti  nativi americani nei loro pittoreschi costumi, forse una tardiva riparazione per il ruolo avuto dai reparti di Cavalleria del Colorado nel massacro di Sand Creek!

Scrive tra l'altro nell'Introduzione Zucconi:

Ho "dovuto" scrivere la vita di Cavallo Pazzo. Ho dovuto scriverla come l'avevo capita, comeme l'avevano raccontata gli Oglala, e come credo sia davvero avvenuta, sfidando il timore di sbagliare, di offendere la sua gente e il suo spirito.
Ora che l'ho finita, non so se sono riuscito a rendergli giustizia, se un poco di verità umana sia uscita dalla crosta dei luoghi comuni, delle leggende e dalle pieghe di una storia confusa, misteriosa, una sorte di Iliade sioux scritta con le parole e i ricordi di chi lo aveva conosciuto.

Una lettura avvincente, dolorosa e necessaria.

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