venerdì 31 agosto 2012

Milan Kundera - L'ARTE DEL ROMANZO - Adelphi - 1988 - £ 12.000


Credo di fare cosa gradita ai numerosissimi estimatori di Milan Kundera proponendo la lettura (o ri-lettura) di questo fondamentale saggio su L'arte del romanzo.

Come tutte le opere di Milan Kundera, anche questo saggio è articolato in sette parti, sette è una sorta di numero magico, un numero che equivale - parola di Kundera - ad una forma musicale perfetta:

  1. La denigrata eredità di Cervantes
  2. Dialogo sull'arte del romanzo
  3. Note ispirate dai Sonnambuli
  4. Dialogo sull'arte della composizione
  5. In qualche posto là dietro
  6. Sessantasei parole
  7. Discorso di Gerusalemme: il romanzo e l'Europa
Anche come saggista Milan Kundera ha il dono stupefacente della chiarezza, e le questioni più complesse, nelle sue parole, emergono con una nitidezza da farcele comprendere come cose ovvie.

Il romanzo non indaga la realtà, ma l'esistenza. E l'esistenza non è ciò che è avvenuto, l'esistenza è il campo delle possibilità umane, di tutto quello che l'uomo può divenire, di tutto quello di cui è capace. I romanzieri disegnano la carta dell'esistenza scoprendo questa o quella possibilità umana. Ma, ancora una volta, esistere vuol dire "essere-nel- mondo". E' necessario dunque intendere tanto il personaggio quanto il suo mondo come possibilità. In Kafka tutto questo è evidente: il mondo kafkiano non assomiglia ad alcuna realtà nota, esso è una possibilità estrema e non realizzata del mondo umano. Vero è che questa possibilità traspare dietro al nostro mondo reale e sembra prefigurare il nostro avvenire. Ecco perché si parla della dimensione profetica di Kafka.




Dall capitolo Sessantasei parole, alla parola LIBRO:

Mille volte ho sentito dire alla radio o alla televisione:  "...comme je le dis dans mon livre..." ("come dico nel mio libro"). La sillaba li e pronunciata molto lunga e almeno un'ottava più alta della sillaba presedente:


Ogni volta che rileggo questa voce,  da questo geniale dizionarietto di sessantasei parole, rimango incantato da tanta sottigliezza analitica: quella sillaba pronunciata un'ottava più alta e la misura della saccenteria di chi la pronuncia.

Ma il saggio di Milan Kundera è una miniera inesauribile di scoperte di cui, dentro di noi, in qualche modo, avevamo conoscenza: per esempio, sulla poesia.

I poeti non inventano le poesie
la poesia è in qualche posto là dietro
è la da moltissimo tempo
il poeta non fa che scoprirla.
Scrivere significa dunque per il poeta abbattere un muro dietro il quale si nasconde nell'ombra qualcosa di immutabile (la poesia).    Ecco perché (grazie a questo disvelamento sorprendente e improvviso) la poesia ci si offre innanzi tutto come un abbagliamento.


Alla voce Romanziere:

Il romanziere non da grande importanza alle proprie idee: E' uno scopritore che, a tentoni,  si sforza di svelare un aspetto sconosciuto dell'esistenza. Non è affascinato dalla propria voce, ma da una forma che insegue, e solo le forme che rispondono alle esigenze  del suo sogno fanno parte della sua opera. Fielding, Sterne, Flaubert, Proust, Faulkner, Céline, Calvino.

 Un grande libro necessario per gli amanti della lettura.

Nessun commento:

Posta un commento